Caregiver familiari: il carico emotivo si trasforma in burnout

 

In Italia sono circa 8 milioni gli Italiani che si occupano stabilmente dei propri cari disabili o anziani non autosufficienti. Si chiamano Caregiver familiari, rappresentano una grande forza sociale per il nostro paese e si stanno battendo per formalizzare la loro presenza come figura assistenziale.

Maggiori diritti riconosciuti, maggiori aiuti, migliore comunicazione delle procedure utili per assistere i familiari affetti da patologie croniche e/o terminali. Sono queste le richieste che a gran voce popolano le sedi di discussione. Ma cosa fa esattamente un caregiver familiare e perché al momento si trova in difficoltà? Risponderemo a breve a tutte queste domande, ma intanto facciamo chiarezza.

Il caregiver familiare è colui che si prende cura, senza l’aiuto di un assistente privato, di un parente non autosufficiente o semiautosufficiente e di tutte le attività quotidiane e amministrative che lo riguardano: dal preparare la cena e occuparsi dell’igiene della persona, alla gestione delle bollette e della pensione.

A queste si aggiunge la completa gestione della salute, dall’ accompagnamento alle visite o agli esami medici, all’ assunzione quotidiana dei medicinali.

Quello del cargiver familiare è un compito faticoso, soprattutto se si considera che le ore di assistenza domiciliare si sommano alle ore impiegate sul posto di lavoro.

ORE DI ASSISTENZA PRESTATE

Secondo un rapporto ISTAT, il numero complessivo di ore di assistenza prestate a familiari si attesta intorno ai 20 milioni al giorno, ossia almeno 8 ore al giorno di assistenza diretta (a cui quando necessario, si sommano altrettante ore di sorveglianza nelle fasi del sonno) per una durata di circa 8-10 anni di assistenza complessiva.

Non sono invece pienamente quantificabili le ore che il caregiver dedica alle attività contingenti, quali accompagnamenti a visite ed esami, supporto per le questioni amministrative e burocratiche, supporto emotivo (in caso di anziani, aggravato dalla morte del coniuge).

IL BURN-OUT DEI CARER

Alla luce di questi importanti dati, non è difficile immaginare quanto l’assistenza domiciliare influisca sulla qualità della vita di una persona che assiste i propri cari senza aiuti professionali.

Bisogna poi contare che a causa del ridimensionamento dei nuclei familiari, della facile mobilità di figli e nipoti e della rarefazione dei rapporti personali, spesso le attività assistenziali ricadono solo su una persona che viene sovraccaricata di responsabilità e preoccupazioni senza alcun supporto.

Ciò a lungo andare porta a un eccesso di stress patologico e di quello che viene definito burnout o Sindrome di Burden, “nonché la malattia del caregiver”.

Il burnout (letteralmente “bruciato”) del caregiver familiare si definisce proprio come uno stato di esaurimento fisico ed emotivo derivato, appunto, da un carico eccessivo e prolungato di stress psico-emotivo, che talvolta viene sottovalutato, scambiando i suoi sintomi per semplice stanchezza fisica o per attimi di cedimento.

In questi casi sarebbe determinante parlare di questo status con il proprio medico e soprattutto con un professionista che possa consigliare un percorso psicologico di sostegno emotivo.

IL CAREGIVER COME PARTE DEL SETTING DI CURA DEL MALATO

Per far fronte all’ insorgenza di patologie connesse al sovraccarico da assistenza domiciliare, in Italia si sta iniziando a parlare di approcci terapeutici integrati, che dal momento della diagnosi del paziente, considerano i familiari come parte del percorso di cura e che diano gli strumenti sufficienti per affrontare l’assistenza in modo equilibrato e sostenibile.

La creazione di una rete di sostegno intorno alla persona e al suo ambiente risulta essere la chiave per migliorare la comunicazione fra tutti gli attori coinvolti e alleggerisce la pressione del caregiver familiare, fornendo supporto e conoscenza degli strumenti che gli enti locali hanno attivato sul territorio.

MYMEDBOOK PER I CAREGIVER FAMILIARI

La mancanza di una figura di riferimento o di uno sportello adatto a rispondere alle esigenze dei caregiver è confermato da alcuni dati riportati dal nostro personale che sin dall’attivazione del servizio, si occupa di gestire le chiamate di emergenza attivate con il servizio di telesoccorso Amica.

Da quando è stato attivato nel 2018, il 90% delle chiamate non riguarda richieste di soccorso urgenti, bensì richieste di informazioni, supporto e prestazioni domiciliari, che il personale specializzato ha fornito con competenza, adeguando di volta in volta i servizi ai bisogni emersi.

Si tratta di una tendenza che ci ha spinti a fortificare i nostri sistemi di rete sociale che da un lato consentono di mantenere attiva la comunicazione medico-caregiver-paziente, dall’altro sfruttano l’uso del dispositivo GPS e dell’app per supportare le attività quotidiane del caregiver, quali ricordare l’assunzione di farmaci, controllare da remoto il familiare, monitorare eventuali cadute e avere sempre a portata di mano un canale per richiedere supporto di nostri operatori sanitari specializzati in assistenza domiciliare.